Un progetto di partenariato tra
Da sempre il comune più popoloso della valle, Camporosso si estende tra boschi di oleandri rossi e la spiaggia più piccola d’Italia.
Nomeranza Pian del Vescovo
Questo è un “piano”, uno spazio ampio e piuttosto lineare, un po’ digradante, ma … in piano fra 360 e 400 metri di altezza. L’esposizione, la tradizione, la vocazione fanno sì che sia tutto una vigna. Il piano è di qualcuno. Le carte catastali dicono “del Vescovo”. Non è citato in documenti molto antichi e viene anche trascritto come “Pian del Veschio”, allora si può pensare anche ad una zona di caccia con trappole, in realtà illegali, dato che si utilizza il vischio per bloccare i volatili attirati dal cibo. Ovviamente quando si parla di “Vescovo” la vicenda si fa interessante perché i documenti più recenti riportano questo termine e le proprietà della Curia di Ventimiglia spesso sono mutate nel tempo. L’area è in ogni caso vocata alla coltivazione della vite, dato che qui 150 anni fa la fillossera ha colpito duramente, ma il patrimonio di vigna, declinazione Rossese, è stato recuperato e oggi si apprezza anche per la sua dimensione storica.
Il Passo di Terra Bianca
In Terra Bianca il paesaggio è lunare. Basta guardarsi intorno. È un luogo unico, con i suoi calanchi candidi e la vigna che spicca sul terreno. Il vento modella, la geologia parla: si tratta di Argille di Ortovero, una formazione del Pliocene, periodo compreso tra 5 e 2 milioni di anni fa circa. Là dove spiana, i liguri coltivano, fin da subito. 500 anni fa il catasto del territorio di Ventimiglia ci parla di otto soli proprietari in Terra Bianca. Nel 1655 il territorio è in parte bosco e in parte coltivazione “aggregata”, quindi frutta come il fico e la vigna. Il vicino Monte Baraccone è area archeologica, in cui sono stati rinvenuti resti di ceramica di età romana. Nella zona, poi, si possono cercare e individuare i resti del notevole sistema difensivo costruito dalle truppe austriache e piemontesi nel 1747 per fronteggiare i franco – spagnoli posti a difesa di Ventimiglia e della Francia stessa. Si era al culmine della guerra di successione austriaca, durata anni, ed è stata la fase storica in cui si sono viste più persone in armi sul territorio. Basti pensare che l’area difesa di cui si parla, Monte Baraccone, Terre Bianche, fino all’alta valle, impegnava almeno 30.000 uomini.
Nomeranza Migliarina
C’è una storia di coltivazioni diverse nel tempo che il termine Migliarina rivela con chiarezza. Il riferimento è al dialettale “miggiu” in italiano miglio ovvero Panicum miliaceum, da cui anche il termine Panigai. Quest’ultima è una località spesso presente in Liguria occidentale. Non manca neppure il miglio selvatico, Lithospermum officinale, ovvero erba perla maggiore, in dialetto, il miggiu sarvègu. In ogni caso c’è stato un cambiamento progressivo nella destinazione agricola: dalla raccolta del miglio selvatico praticata, forse, millenni addietro, alla coltivazione di cereali minori. Questi sono infatti luoghi con sole pomeridiano, luoghi caldi e buoni anche per la vite. A lato, c’è anche la zona dei Ciotti, un nome di luogo spesso presente in area ventimigliese ad indicare “fossi” o “avvallamenti” che si possono trovare anche ad alta quota a memoria o inizio di una frana. La Mortola vicino ai giardini Hanbury è proprio la località Ciotti. Come si sale, tutto si contiene a forza con i muri a secco, altrimenti tutto scende.
Monte Curto
Il monte Curto è un’altura della prima val Nervia, che già innalza la sua cima a poca distanza dalla costa. Zona ben esposta e vocata alla vite, da centinaia di anni. Certo, rispetto alle alture vicine, il monte in questione è… corto e così viene ricordato. Però ha storie da raccontare, oltre la vite. Infatti la viabilità nell’area è stata oggetto di alcune migliorie all’inizio dell’ultimo secolo tra cui la cosiddetta “Strada di Ciaixe”, un percorso che dalla mezza costa della riva destra della Val Nervia si sviluppa sullo spartiacque, fiancheggiando Monte Curto. I lavori sono stati in primo luogo condotti tra il 1931 e il 1932, realizzati anche con mano d’opera militare. Del resto, l’intenzione era quella di migliorare proprio la viabilità militare vicino al confine con la Francia. Si compiono così importanti operazioni di cantiere, tra cui l’apertura di una cava. Le pietre venivano poi sollevate sulla strada con teleferiche. In quel periodo uno dei geometri di Stato assegnati al progetto era il siciliano Salvatore Quasimodo, poeta, scrittore e premio Nobel per la letteratura nel 1959. L’artista, rapito dalla bellezza del paesaggio, non era attento solo ai lavori di viabilità, ma anche a scrivere memorie poetiche dei luoghi.
Canale del Bedale
La “spina dorsale” del territorio pianeggiante di Camporosso è il canale detto “bedale”. Un canale che porta acqua a campi, orti e forniva energia a segherie, molini, frantoi, persino lavatoi pubblici collocati lungo il percorso, che si sviluppa lungo la sponda destra del Nervia. La presa d’acqua è nel torrente, a monte dell’abitato. Il canale corre in parte coperto, ma di fatto è come una ulteriore via di comunicazione, in piano, per il territorio. I margini sono ampi e spesso percorribili con attenzione. Emerge la capacità sorprendente di gestione delle acque in terra ligure, risorsa così preziosa e non scontata da queste parti. Già nel 1485 la Comunità di Camporosso conferma i suoi diritti sulle sorgenti in valle rispetto a Bartolomeo Doria signore di Dolceacqua. Il prelievo di acqua da parte di chi ne aveva diritto era disciplinato con severità, tanto che il canale era controllato da un’apposita polizia: i fontanieri. Il rivestimento era composto di malta di calce con pozzolana, una componente impermeabile di origine vulcanica, frutto di saperi antichi, inoltre era prevista una costante pulizia soprattutto dopo le piene. Gli ultimi regolamenti storici per l’uso del canale sono stati pubblicati nel 1914, con la presenza di un “direttore delle acque”, quale responsabile e controllore. Nel palazzo comunale si conserva uno splendido disegno ad opera di Ludovico Scoffier “regio misuratore”, datato 1829. Disegno utile alla ripartizione delle acque, a chi ne aveva diritto, all’individuazione dei punti di cattura ed alla difesa dell’opera, lunga 1152 metri. Oltre un chilometro di vita e di lavoro a servizio del territorio.